14.12.2019

Discorso del Consigliere federale Ignazio Cassis in occasione dei festeggiamenti a Mendrisio - Fa stato la versione orale

Oratore: Capo del Dipartimento, Ignazio Cassis

Onorevole Presidente del Consiglio di Stato, caro Christian Vitta
Onorevoli consiglieri di Stato, cari Emanuele Bertoli, Raffaele de Rosa
Onorevole sindaco di Mendrisio, caro Samuele Cavadini
Onorevoli Municipali,
Onorevole Presidente del Consiglio comunale di Mendrisio, cara Divina Fitas
Gentile direttrice dell’Ufficio federale della cultura, cara Isabelle Chassot
Egregio presidente della Fondazione Processioni storiche, Gabriele Ponti
Cari membri della Fondazione Processioni storiche,
Gentile vicepresidente dell’Organizzazione turistica Mendrisiotto e Basso Ceresio, cara Raffaella Felappi Tommasini
Gentile direttrice dell’OTR Mendrisiotto e Basso Ceresio, cara Nadia Fontana Lupi

Signore e signori


Grazie

Prima di tutto, grazie. Grazie a chi ha reso possibile questo momento di festa. Grazie a chi, anno dopo anno, rinnova il miracolo delle processioni. Centinaia di volontari, di ogni età ed estrazione, un sapere che si tramanda attraverso i secoli, una comunità che diventa più forte del tempo che passa, della società che cambia, delle sfide quotidiane, perché non perde per strada la propria identità.

Grazie a tutti coloro che per questa vittoria hanno lavorato sodo: i membri della Fondazione, le autorità comunali e cantonali, le organizzazioni turistiche, con il supporto dell’amministrazione federale. Senza la vostra tenacia, senza la vostra convinzione, mai e poi mai si sarebbe arrivati a questo punto. Le vostre lettere di sostegno alla candidatura hanno permesso di trasmettere all’Unesco il cuore stesso di questa tradizione corale. Un pensiero particolare va a Giuseppe Poma, presidente della Fondazione per ben 40 anni: non ha potuto godere di questo successo, ma ne è stato un artefice imprescindibile.

Grazie a tutti voi perché ogni anno, a Pasqua, ci ricordate che “la bellezza salverà il mondo”, come diceva Dostoevskij. La Pasqua è morte e resurrezione. È caos, spavento, raccoglimento e pace. Voi, anno dopo anno, interpretate tutto questo, lo rendete vostro fino in fondo, offrendo uno spettacolo che lascia a bocca aperta e che ci spinge a riflettere, ad allontanarci almeno per un momento dalle pressioni quotidiane per pensare a noi stessi, a chi ci ha preceduto e alla strada su cui vogliamo camminare.


Il record

È per me un grande piacere poter essere qui con voi, per portarvi il saluto e le congratulazioni del Consiglio federale.

Oggi festeggiamo al contempo un traguardo e un record. Il traguardo è l’entrata come tradizione immateriale nel patrimonio Unesco delle processioni della Settimana Santa. Il record è la tripletta del Canton Ticino, che con tre patrimoni Unesco – oltre alle Processioni il Monte San Giorgio e i castelli di Bellinzona – è in testa alla classifica nazionale! A onor di verità devo precisare: il record vale se si considerano i patrimoni unicamente cantonali, e non quelli diffusi su più Cantoni e più Paesi.

Per la Svizzera le processioni sono la quarta iscrizione nel patrimonio immateriale, dopo la Fête des vignerons (2016), il carnevale di Basilea (2017) e la gestione delle valanghe (2018). Ma non è tutto: abbiamo all’attivo anche due candidature collettive andate a buon fine: l’anno scorso abbiamo ottenuto assieme ad altri 7 Paesi europei il label Unesco per l’arte dei muretti a secco. E pochi giorni fa, assieme alle processioni, è diventato patrimonio immateriale anche l’alpinismo, una candidatura portata avanti da Svizzera, Francia e Italia.

Muretti, montagne, vendemmia, maschere, processioni. Non sono fattori secondari, ma tratti distintivi della nostra cultura e della nostra identità. Sono, per l’appunto, veri e propri patrimoni che meritano di essere riconosciuti come tali, in primo luogo da noi stessi, e poi dalla comunità internazionale.


Il nostro tratto distintivo

Come ministro degli Affari esteri ho partecipato lo scorso mese di novembre alla Conferenza annuale dell’Unesco a Parigi.

In questi contesti internazionali, cerco di mettere sempre l’accento sul principale tratto distintivo del nostro Paese. Quella caratteristica che ci rende unici e che tanto contribuisce al nostro successo: il nostro plurilinguismo, la convivenza all’interno di un unico Paese di quattro culture nazionali diverse. Permettetemi di riprendere le parole espresse il 4 novembre scorso:
«Vengo dal Sud delle Alpi svizzere, dal Canton Ticino. La mia lingua materna è l’italiano. Ogni settimana incontro i miei colleghi del Governo nazionale: tre donne e tre uomini provenienti da ogni angolo del Paese. Quattro sono di lingua tedesca, due francofoni. Si, la Svizzera è multilingue. E poiché la lingua non è solo una giustapposizione di parole e di frasi, ma traduce una mentalità, uno humor, una cultura, la Svizzera è multiculturale».

È proprio gestendo questo mix culturale che la Svizzera ha sviluppato, nel corso dei secoli, l’arte del dialogo e del compromesso, ritagliandosi quel ruolo di «costruttrice di ponti» tanto apprezzato a livello internazionale. Siamo attivi come mediatori in numerose situazioni di crisi nel mondo. Il nostro Paese è autorevole in quest’ambito proprio perché è noto come un modello di coesistenza pacifica tra culture diverse.


La Svizzera e l’Unesco

È esattamente con questo spirito che la Svizzera ha raggiunto l’Unesco 70 anni fa, il 28 gennaio 1949. Nel suo messaggio al Parlamento, il Consiglio federale invitava ad aderire nell’intento di «collaborer aux efforts entrepris en vue de rapprocher les peuples et de les amener à se parler un autre langage que celui de la peur, de la haine ou de la force».

Era da poco terminata la seconda guerra mondiale, e il mondo, distrutto da tanti orrori, iniziava per la seconda volta a costruire un nuovo ordine internazionale: il multilateralismo. Un primo tentativo era stato fatto nel 1919, con la Società delle Nazioni creata a Ginevra ma poi fallita. La Svizzera, comunque, non getterà mai la spugna, restando sempre in prima linea nella promozione del dialogo fra Paesi e dei diritti fondamentali dovuti ad ogni uomo e ad ogni donna.

Settant’anni più tardi, l’Unesco ha alle spalle successi importanti, come la realizzazione del CERN, con sede a Ginevra. Penso anche ai vari progetti che la Svizzera sostiene nell’ambito della protezione del patrimonio culturale, della libertà di espressione, dell’accesso all’educazione o ancora della gestione dell’acqua – proprio l’acqua, così limpida, può essere infatti all’origine delle guerre.

L’Unesco è quindi al contempo uno strumento di protezione dei nostri patrimoni più cari e di promozione del patrimonio più prezioso in assoluto: la pace. Se dovessi usare un’unica parola, direi che la missione dell’Unesco, per tornare a Dostoevskij, è la grande bellezza.

Il nostro Paese potrà presto profilarsi ancora di più in quest’ambito, poiché poche settimane fa siamo stati eletti, con un risultato brillante, nel Consiglio esecutivo dell’Unesco. Non ne facevamo parte dal 2007. In questa sede continueremo a batterci anche per migliorare l’efficacia di questo organismo, confrontato con alcune sfide strutturali.

Mi rallegro inoltre che il prossimo mese di maggio avremo il piacere di ospitare in Ticino, a Lugano, la settima riunione interregionale delle Commissioni nazionali per l’Unesco. È la prima volta che questo evento avviene in Europa, e avrà luogo proprio qui nella Svizzera italiana, nel cuore del continente europeo.


La democrazia della cultura

Signore e signori,

Voi siete un bellissimo esempio di democrazia della cultura. Qui a Mendrisio la cultura non è elitaria, ma popolare e partecipativa.

Le processioni sono anche un impressionante esempio di dialogo tra generazioni: da un lato perché coinvolgono persone di ogni ambito e età, dall’altro perché la tradizione si tramanda nelle famiglie attraverso i secoli. C’è chi ha avuto un bisnonno che ha realizzato i trasparenti, un nonno che li restaurava, un padre che li portava, e oggi chissà – magari questo qualcuno ambisce a diventare Gesù.

Bisogna dire che l’impegno si è alleggerito: ho sentito dire che fino a non molto tempo fa, chi voleva interpretare Gesù doveva passare una notte a pane e acqua nella torre del campanile! Una sorta di Passione in formato ridotto. Mi hanno anche detto che in passato Maria aveva la barba, visto che fino alla fine degli anni ’60 le donne non partecipavano alle processioni.

È questo il bello di un patrimonio immateriale. È una certezza, eppure muta. Non è un oggetto fisso, è un evento che avviene di anno in anno. È al contempo immutabile e sempre nuovo. Ci saranno sempre nuovi bambini ad occhi aperti per lo stupore, qualcuno magari un po’ impaurito, quando suonano i tamburi e passano i cavalli. Ci saranno sempre adulti commossi o divertiti, sicuramente consapevoli della loro responsabilità, perché immessi in una storia che dura da secoli – e che per altri secoli ancora continuerà.

Cari abitanti del Mendrisiotto, da parte del Consiglio federale vi faccio tanti auguri per questo luminoso successo!


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Ultima modifica 06.01.2023

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