«Il contributo all’allargamento ha avuto un impatto positivo sulle relazioni bilaterali della Svizzera con i Paesi dell’UE-13»

Appena alcune settimane dopo la rinuncia all’accordo istituzionale, il Consiglio federale si adopera per sbloccare un secondo contributo della Svizzera ad alcuni Stati membri dell’Unione europea (UE). Questi crediti quadro mirano a contribuire al rafforzamento della coesione all’interno dell’UE e a migliorare la gestione della migrazione in Europa. Ruth Huber, responsabile del Settore di direzione Cooperazione con l’Europa dell’Est, ha risposto alle nostre domande.

11.08.2021
Due tecnici posano dei pannelli fotovoltaici sul tetto di un edificio pubblico.

Grazie al contributo svizzero, in Polonia la qualità dell’aria è nettamente migliorata e le emissioni di CO2 sono diminuite di 88’000 tonnellate all’anno. © SECO

Nonostante la decisione presa a fine maggio del 2021 di porre fine ai negoziati sull’accordo istituzionale tra la Svizzera e l’UE, il Consiglio federale intende portare avanti la cooperazione bilaterale ormai collaudata. Nella sua seduta, l’Esecutivo ha deciso di chiedere al Parlamento di sbloccare il secondo contributo svizzero.

Il secondo contributo è stato approvato in linea di principio dalle Camere federali nel dicembre del 2019, ma la sua entrata in vigore è rimasta bloccata a causa di una condizione di non discriminazione imposta dal Parlamento. Attualmente si sta discutendo di revocare tale condizione. Il Consiglio federale auspica attuare il secondo contributo per dare un nuovo impulso alle nostre relazioni con l’UE e per rafforzare la credibilità di cui gode la Svizzera come partner affidabile.

Per poter preservare la propria prosperità a lungo termine, la Svizzera deve anche contribuire allo sviluppo di un’Europa sicura, stabile e florida. Ha quindi un interesse primario a continuare a lavorare, con le proprie competenze, per rafforzare la coesione in Europa e per migliorare la gestione dei flussi migratori. Il secondo contributo permetterà inoltre al nostro Paese di consolidare e approfondire le sue relazioni bilaterali con i Paesi partner e con l’UE, un obiettivo la cui importanza è stata sottolineata più volte dal Consiglio federale.

 

Cinque domande a Ruth Huber, responsabile della Cooperazione con l’Europa dell’Est

 Ritratto di Ruth Huber
Ruth Huber, responsabile della Cooperazione con l’Europa dell’Est. © DFAE

Il primo miliardo di franchi come contributo alla coesione è stato approvato nel 2007. Gli obiettivi che ci eravamo fissati con il primo contributo sono stati raggiunti?

Il contributo all’allargamento prevedeva obiettivi nei settori dell’ambiente, della sicurezza pubblica e sociale, della crescita economica e del rafforzamento della società civile. Il bilancio del contributo all’allargamento è nel complesso molto positivo. Diverse valutazioni e rapporti esterni hanno confermato che gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti o addirittura superati nella maggior parte dei progetti.

In alcuni Paesi partner si è per esempio riusciti a incrementare l’utilizzo di energie rinnovabili nelle economie domestiche e negli edifici pubblici. Anche nel settore sociale si segnalano risultati interessanti: in Bulgaria è stato introdotto un sistema di assistenza domiciliare per gli anziani sul modello dello Spitex svizzero.

In Croazia, il contributo all’allargamento scade alla fine del 2024. 

Quali effetti inattesi sono emersi nel quadro di questo primo contributo?

Il contributo all’allargamento ha rafforzato l’immagine della Svizzera nei Paesi partner. Non ci si aspettava un effetto così marcato. Questo ha avuto un impatto positivo sulle relazioni bilaterali. Inoltre, organizzazioni in Svizzera e nei Paesi partner hanno manifestato grande interesse a collaborare. Un’intensa cooperazione promuove lo scambio di conoscenze ed esperienze ed è molto preziosa per favorire l’interconnessione della Svizzera in Europa. Il programma di ricerca SCIEX, per esempio, non solo ha permesso a dottorandi e postdottorandi di portare avanti le loro ricerche in Svizzera, ma ha anche rafforzato i legami tra istituti accademici svizzeri e istituzioni di altri Paesi europei.

Si è visto che i Paesi partner sono molto interessati alle competenze della Svizzera e ai partenariati con il nostro Paese. Questa cooperazione sarà quindi portata avanti anche nel contesto del secondo contributo.

Il secondo contributo della Svizzera non mira più solo a promuovere la coesione dell’UE, ma anche a contribuire a migliorare la gestione dei flussi migratori. Ci può spiegare meglio?

Il secondo contributo svizzero è suddiviso in due crediti quadro. La parte principale è simile al primo contributo – il contributo all’allargamento – che è destinato a promuovere la coesione all’interno degli Stati membri dell’UE. Il secondo credito quadro mira a rafforzare la gestione della migrazione negli Stati membri dell’UE particolarmente interessati dai movimenti migratori. La Segreteria di Stato della migrazione è responsabile di questa parte del contributo, che è pari a 200 milioni CHF. Questi fondi sono destinati a sostenere gli Stati interessati nei loro sforzi tesi a costruire un sistema di gestione della migrazione efficiente ed efficace e ad armonizzarlo nel contesto europeo. La Svizzera ha interesse a contribuire in questo modo a ridurre la migrazione irregolare in Europa.

Il Consiglio federale si impegna per sbloccare il secondo contributo il più rapidamente possibile. Parliamo qui di un accordo concluso con l’UE o di una moltitudine di accordi bilaterali stipulati direttamente con i Paesi partner?

La Svizzera attua il suo secondo contributo in maniera autonoma. Abbiamo in programma di concludere con tutti i Paesi accordi di attuazione bilaterali che illustrino le regole e i contenuti del programma. I singoli Paesi partner sono responsabili dell’attuazione dei progetti.

La Svizzera ha intenzione di concludere con l’UE una dichiarazione d’intenti giuridicamente non vincolante che riassuma i punti chiave del secondo contributo.

In questo quadro, la DSC lavora in stretta collaborazione non solo con la SECO, ma anche con la SEFRI e la SEM. Questa condivisione delle competenze è importante e va messa in evidenza.

La SECO e la DSC sono corresponsabili in eguale misura del credito quadro «coesione». La SEFRI è fortemente implicata, in particolare per le priorità tematiche previste nel settore della formazione professionale e nella ricerca. La SEM è responsabile del credito quadro «migrazione». Altri uffici federali, come fedpol, sono coinvolti per esempio per i programmi nel settore della sicurezza (tratta di esseri umani o lavoro di polizia). La cooperazione tra i singoli uffici federali è coordinata in modo che ogni unità organizzativa possa contribuire con le proprie competenze e forze.

Ruth Huber, ambasciatrice, vicedirettrice, responsabile del Settore di direzione Cooperazione con l’Europa dell’Est

Ruth Huber lavora dal 1996 nella Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del DFAE. Per quattro anni è stata impiegata nell’Ufficio di cooperazione della DSC in Bolivia e successivamente ha prestato servizio alla DSC a Berna in qualità di capo supplente della Divisione «Lavoro e reddito» nonché capo supplente e capo a. i. del Settore di direzione Cooperazione globale a Berna.

Dal 2011 al 2015 Ruth Huber ha diretto il programma regionale della DSC in Laos, Cambogia e Vietnam. Dal 2015 al febbraio del 2018 è stata ambasciatrice di Svizzera in Zimbabwe e Malawi.

Dal marzo del 2018 dirige, con il titolo di ambasciatrice e l’incarico di vicedirettrice della DSC, il Settore di direzione Cooperazione con l’Europa dell’Est presso la DSC a Berna.

Prima di entrare a far parte del DFAE Ruth Huber è stata delegata del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). Ruth Huber ha conseguito un diploma di master in relazioni internazionali presso l’Università di San Gallo. 

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